Fammi essere forte,
forte di sonno e di intelligenza e forte di ossa e di fibra; fammi imparare,
attraverso questa disperazione, a distribuirmi: a sapere dove e a chi dare, a
riempire i brevi momenti e le chiacchiere casuali di quell’infuso speciale di devozione
e amore che sono le nostre epifanie. A non essere amara. Risparmiamelo il
finale, quel finale acido citrico aspro che scorre nelle vene delle donne in
gamba e sole. Non farmi disperare al punto da buttar via il mio onore per la
mancanza di consolazione; non farmi nascondere nell’alcol e non permettere che
mi laceri per degli sconosciuti; non farmi essere tanto debole da raccontare
agli altri come sanguino dentro; come giorno dopo giorno gocciola, si addensa e
si coagula.
(Sylvia Plath)