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lunedì 31 dicembre 2012

L'informazione ai tempi di Internet



Internet è ormai il motore della comunicazione, è lo scenario ed il tramite per compiere qualsiasi tipologia di azione: ascoltare musica, leggere, parlare con i propri amici, scegliere il film da vedere nel cinema più vicino, esprimere le proprie opinioni, partecipare a sondaggi di varia natura. Mi fermo ma la lista delle cose che si possono fare grazie a questo strumento rivoluzionario è lunghissima.
Internet ci ha cambiato la vita, e, come tutte le novità, non ha apportato solo benefici all’umanità. Resta però, secondo me, il dato più importante che questo incredibile congegno ci ha donato: la forza dell’informazione.
Il tutto si è sviluppato di pari passo ai progressi della tecnologia, che sforna di continuo sistemi avanzati. L’informazione digitale e digitalizzata è stata favorita e supportata da questi strumenti: grazie ad essi comunicare è divenuto più semplice e la trasmissione delle notizie più rapida.
Qualcuno contesterà il lato negativo della medaglia, ovvero il fatto che l’informazione può risultare modificata da chi la fa e da chi la scrive, quindi non reale e veritiera. Un elemento, questo, che è sempre più attuale nel via vai quotidiano, anzi “istantaneo”, delle notizie riportate su blog e siti, ed in cui entra in gioco l’etica della professione.
Sembra surreale dover convincere che si agisce con morale al giorno d’oggi, ma se pensassi il contrario mi sentirei sconfitta, vuota e privata dello stimolo che è fondamentale per andare avanti nella vita come nelle proprie aspirazioni.
La parola che, durante una mia esperienza giornalistica, ho sentito nominare di più delle altre era “accessi”. Il suo significato stava nel numero di utenti che selezionava le notizie e con quale frequenza. Mi chiedevo se quegli stessi utenti leggessero, poi, il contenuto delle notizie e quanti, invece, si fermassero alle parole del titolo o al sommario. Alle persone interessa davvero l’informazione e su quali basi giudicano la veridicità di un fatto?
Col tempo mi aspetto di trovare le debite risposte nell’evolversi e nelle azioni della società, anche se l’attuale quadro non sembra rincuorante. Internet è in grado di dare spazio e popolarità a movimenti sociali, culturali, politici, che condividono idee e vogliono farsi sentire.
La forza della rete non sta nelle mani di coloro che si propinano come “guida”, ma in quelle dei cittadini, illusi o disillusi che siano. Se solo riuscissimo a capirlo…

Articolo pubblicato sul quotidiano on line BlogTaormina


domenica 16 dicembre 2012

così ]senza un perchè[


Parole che si scagliano contro il vento e contro il tempo. 
E frettolosamente si rotolano, si dimenano cercando di farsi strada in spazi angusti, stretti, profondi e sospetti.

Passaggi da poco conto.

Poesia 2.0


Le luci solitarie
Automobili come flash
Passeggeri distratti
Mi stringi la mano
Tutto intorno scompare
La luna ci illumina
Le stelle come tante cornici
E sempre io e te
Spettatori solitari

giovedì 13 dicembre 2012

mercoledì 12 dicembre 2012

Libri per viaggiare e scoprire se stessi



La parola viaggio è da sempre sinonimo di ricerca: voglia di avventure, di esperienze, di nuove possibilità di crescere, scoprire terre inesplorate, ritrovare sé stessi. Chi, dopo un viaggio, non ha sperato almeno una volta di tornare a casa con qualcosa di emozionante da raccontare?

Sarà un viaggio ad intrecciare i destini di Tommaso, Leonardo e Pietro, i protagonisti di “Ti sogno, California”. Dai tempi dell’università i tre ragazzi condividono non solo un appartamento ma anche le feste, le sbronze, gli amori, le speranze, le delusioni  che uniscono i veri amici.
Ciò che traspare dalle parole di Mattia Bertoldi, l’autore del libro, è che l’amicizia è la vera protagonista di questa storia. Gli amici veri ti seguono ovunque, ti accompagnano nelle avventure più rocambolesche ed impossibili, come quella in cui Leonardo, il latin lover del gruppo, decide di tuffarsi dopo aver conosciuto una ragazza americana. Di lei, però, conosce solo il nome, Kimberly, e possiede una foto e l’iPod. Dopo aver tentato di rintracciarla su internet ed aver scoperto che potrebbe essere una cheerleader di una squadra di basket, Leonardo, tralasciando il “piccolo particolare” che dovrà cercarla in California, giunge ad una conclusione: deve partire e trovare la donna della sua vita!
Ad accompagnare Leonardo in questa assurda e difficile ricerca ci sono Tommaso e Pietro. I due partono consapevoli che sarà un’impresa irrealizzabile ma sostengono il loro compagno di viaggio con tutte le forze. Mattia Bertoldi dedica proprio un capitolo alle motivazioni che spingono Pietro a supportare l’amico: “Perché lui ci crede” - spiega Pietro a Tommaso – “La gente non si sente coinvolta nei progetti altrui solo perché si fondano sull’amore. E’ stato il cuore a smuovermi, questo sì, ma in nome dell’amicizia: se tu sei amico di una persona, la accompagni verso quello che cerca, verso quello in cui crede. Anche se sembra un’impresa al di fuori della capacità umana. Solo perché gli sono amico. Ti è difficile capirlo?

Sono tanti i motivi per cui consiglio di leggere “Ti sogno, California”. E’ un  libro che mi ha emozionato ed in alcuni punti commosso perché racchiude la voglia e la difficoltà di essere giovani, soprattutto al giorno d’oggi. E’ un puzzle che si compone di fotografie, musica, sport, ricordi, passioni, che legano i protagonisti al mondo che li circonda. Inoltre, ho apprezzato molto la scelta di associare i momenti del viaggio negli Stati Uniti ai testi di alcune canzoni.
L’autore ha saputo mettere insieme più elementi e collegarli tra di loro senza stonature. Ha raccontato con semplicità, ironia e fluidità una storia d’amicizia ed ha immortalato, come se fossero cartoline, le emozioni dei suoi personaggi. Il lettore riesce a sentirsi parte della storia, si prova la sensazione di viaggiare insieme ai protagonisti.
Un altro aspetto interessante del libro è “la storia dentro la storia” di Tommaso: dopo aver studiato con impegno e passione, il giovane si ritrova a fare un lavoro che non gli piace e a mettere da parte l’aspirazione di diventare un giornalista. Forse più di tutti, sarà lui a scoprire, in questa fantastica avventura, che bisogna avere coraggio nel portare avanti i propri sogni.

Recensione pubblicata sulla rivista online i-libri.

martedì 27 novembre 2012

L'alba di Alessandro Baricco



Tre volte all’alba è il titolo dell’ultimo romanzo di Alessandro Baricco. Dopo il successo di Mr Gwyn (Feltrinelli 2011), lo scrittore torinese torna sulla scena letteraria con un libro affascinante, in cui narra di tre incontri attraverso tre storie, che vedono come protagonisti una figura femminile ed una maschile.
I personaggi si avvicendano in tre episodi accomunati da un arco temporale che si proietta nelle prime luci dell’alba. In questo spazio prendono forma gli avvenimenti che li fanno incontrare e conoscere, che li portano a confrontare e raccontare le proprie esistenze, ad avere curiosità gli uni degli altri sebbene tutto si snodi in una breve nottata.
Non è questione di ore, è una questione di luce.
Che cavolo dice?
E’ la luce migliore per tornare a casa, è fatta apposta per quello. Non c’è luce migliore per sentirsi puliti.
In ogni incontro i personaggi di Tre volte all’alba si trovano dinanzi ad una scelta che li porta a fare i conti con fantasmi del passato o con paure del presente, che li conduce a porre le proprie speranze ed aspettative nella persona che si trova al loro fianco. Ciò accade per una sola volta, che è, nel contempo, la prima e l’ultima in cui essi s’incontrano.
I protagonisti di Baricco riescono a ritrovare sé stessi nella parte più intima della propria anima. L’avvicendarsi delle storie lascia molto spazio all’immaginazione del lettore, che l’autore riesce a coinvolgere in una trama avvincente, variopinta nei dettagli e nelle sfumature, e nei desideri reconditi o manifesti che i suoi protagonisti hanno di cambiare le proprie vite.
Guardava quella casa, davanti a sé, e pensava alla misteriosa permanenza delle cose nella corrente mai ferma della vita. Stava pensando che ogni volta, vivendo con loro, si finisce per lasciare su di loro come una mano leggera di vernice, la tinta di certe emozioni destinate a scolorare, sotto il sole, in ricordi.

domenica 25 novembre 2012

Libri, emozioni, vita


Un libro è un incantesimo che si avvera ad occhi aperti. A volte riesci a leggere nelle parole che si susseguono i tuoi desideri, quello che hai nascosto in fondo al cuore, quello che non hai il coraggio di dire o di fare. 
Un libro racconta storie di fantasia o di vita vissuta. Aspirazioni e sogni dell'essere umano, mostri o creature che si palesano in notti buie, giorni alla ricerca di qualcosa, del lavoro, dell'amore, della felicità.
Succede che un libro riesca ad emozionarti, a farti scorrere una lacrima sul volto, a tenerti incollato alle sue pagine. Ciò può voler dire che ti ha scosso. Che ha toccato delle corde particolari della tua anima, e può aver aperto certe porte che credevi chiuse a chiave.
A me piace scrivere, raccontare quello che mi passa per la testa dandogli la forma di una storia. E' un qualcosa che mi fa stare bene. Butto fuori il disordine caotico di pensieri/angosce/(falsi)problemi/bisogni che mi abitano dentro. 
Più volte mi capita di credere di non essere all'altezza dei miei desideri, di quello che aspetto in primis da me stessa, poi dalla vita. Scrivere annulla questo timore ed azzera la mia ansia. 
Forse nel mio futuro ci sarà un libro (anzi, spero più di uno!). E così il pensiero di "non farcela" inizierà ad allontanarsi.

martedì 13 novembre 2012

I colori della vita

Questa storia è frutto della mia immaginazione: mi piace pensare che un giorno sarà più semplice di adesso adottare un bambino, e che si potrà fare a prescindere dal proprio stato coniugale. Dietro l'adozione c'è la possibilità di dare una vita migliore a chi non è stato "fortunato" in partenza.

C’era una volta Mirco, un bimbo di due anni affetto da sindrome di Down.
E c’era una volta Sonia, ventisette anni, studentessa di medicina.

Sin da piccola Sonia sognava di diventare un medico, da quando aveva imparato a cucire solo per rattoppare le bambole di pezza che suo fratello le distruggeva di continuo. Negli anni la passione era cresciuta, unita alla voglia di dedicare del tempo agli altri.

Oggi per Sonia è il primo giorno da volontaria in un centro di aiuto all’infanzia, una struttura dedicata a bambini e bambine che vivono situazioni particolari nell’ambito familiare.

E’ una mattina di pioggia, tira un vento fortissimo. Sonia è zuppa d’acqua e i bambini scoppiano in una fragorosa risata quando la vedono entrare. Tutti meno che uno.
Quel bimbo, seduto in disparte, è Mirco. Sonia nota subito i suoi occhi tristi, ma presa dai saluti e dai vari convenevoli con le colleghe del centro non ha tempo di avvicinarsi a lui. 
Ci pensa anche la sera prima di addormentarsi, ricorda quegli occhi grandi che la fissano senza sorridere.

Il giorno dopo Mirco siede ancora lì. Le colleghe le dicono che è arrivato al centro un mese fa. Mirco non ha i genitori, è solo al mondo, vive nel convento situato nella strada parallela al centro. Ha un handicap che gli impedisce di esprimersi come vorrebbe, le suore hanno pensato che in quel posto avrebbe potuto socializzare con altri bimbi.
Sonia si avvicina e gli accarezza il volto. Ma Mirco non reagisce e guarda ancora il pavimento. 
La giovane non si arrende. Gli porta un quaderno, scrive i loro nomi e disegna fiori, alberi, il cielo stellato, dei cuori, usando tutti i colori. Con pazienza gli spiega cosa sono quelle immagini. Mirco accenna un sorriso, Sonia ha gli occhi lucidi.

I giorni trascorrono e Sonia si affeziona sempre di più a Mirco. Non che non voglia bene anche agli altri bambini, ma il sentimento che la lega a lui è qualcosa di speciale e unico. Mirco è rinato da quando c’è lei. In quel posto è un bambino felice come tutti gli altri, nonostante la sua malattia, nonostante quello che le convenzioni ci inducono a pensare dei portatori di handicap.

Un anno vola e Sonia deve andare via. Come farà senza quel bimbo? E’ un pensiero che la tormenta già da un po’.
Il loro tempo però non è finito.

Sono passati sei anni. Sonia fa la pediatra, ma Mirco non l’ha mai abbandonato. Ha continuato a fargli visita tutti i giorni, a colorare con lui le pagine bianche che sono diventate quelle della loro vita insieme. 
Quegli anni sono stati lunghi e difficili ma lei ce l’ha fatta: oggi va a prendere Mirco al centro e lo porta a casa, lo ha adottato.

Otto anni fa non avrebbe mai immaginato chi c’era ad attenderla in quel giorno di pioggia. Il bimbo che le ha cambiato la vita. Adesso è lui a dipingere le ore di Sonia di mille tonalità di colori. 

giovedì 25 ottobre 2012

Sicilia, le donne del cambiamento

Quindici donne possono contribuire e lavorare per dare una speranza ad una terra sfruttata e calpestata per lunghi anni. Sono le donne elette all’Assemblea Regionale Siciliana lo scorso 21 ottobre.
Nonostante il neopresidente Rosario Crocetta abbia palesato la necessità e l’urgenza di una legge sulla pari rappresentanza politica di genere (in effetti, la percentuale delle quote rose in Sicilia si attesta attualmente intorno al 16 per cento sul totale di 90 deputati), quanto accaduto acquisisce una rilevanza particolare nella storia della regione sicula: dal lontano 1947 ad oggi le presenze femminili sono state in tutto 17 e la scorsa legislatura ne ha contate solo tre.
Dunque, in Sicilia gli elementi di rinnovamento si affacciano sul nascente corso politico e lasciano pensare che si possa instaurare non solo un clima di fiducia nelle istituzioni, ma anche un ribaltamento della figura femminile che potrebbe rivestire un ruolo cardine. A riconoscere la forza di queste 15 donne sono stati proprio i cittadini, un dato che non va assolutamente trascurato. Tutto ciò è indice che il vento può soffiare in un’altra direzione.

lunedì 22 ottobre 2012

In attesa del mio treno


Un'altra settimana di attesa, snervante attesa, come se non bastassero le pregresse ore turbolenti. Pensavo mi interessasse relativamente quest'opportunità ed invece scopro che non è così. 
Sono incollata da due ore al monitor del computer a cercare valide alternative per scappare da qui. Basta. Purtroppo sto entrando nella cerchia, o già ci sono sono, di "quelli che l'Italia non ha futuro". 
Negli ultimi tempi non ho considerato mai l'ipotesi di trasferirmi definitivamente all'estero. Non credo di essere pronta a fare un salto del genere... Anche se scopriamo di essere pronti solo mentre facciamo quel qualcosa per cui pensavamo di non esserlo.
All'estero non avrei dovuto aspettare più di un mese per leggere una graduatoria, avrebbero rispettato la scadenza data. Luogo comune o verità?




Tu trascorri la tua vita aspettando un momento che non arriverà mai, non perdere il tuo tempo ad aspettare.
Bruce Springsteen


mercoledì 17 ottobre 2012

Ti sogno capitale

In tanti dicono che da quelle parti si vive male. Scrivono e si lamentano della metro, dei bus, del traffico, dell'aria che respirano. E non hanno torto. Lo riporta anche lo stampa, lo si urla in televisione.
Io, invece, sto qui, da questo paesello di provincia (che si vanta di essere una città) guardo e penso a cosa ci potrebbe essere ad aspettarmi. Da qui evado con la mia fantasia, e sogno, spero. Immagino così tanto che quasi mi sembra di essere già lì, a scoprirti frenetica di giorno ed incantevole di notte. Ad essere anche io un puntino tra i milioni di puntini che ti abitano e che frettolosamente si aggirano per i tuoi borghi. Tutti in cerca di qualcosa, tutti a rincorrere il tempo, i minuti, gli attimi. Tutti a volerne sempre di più.
Tra cinque giorni saprò se le nostre strade s'incroceranno e se ci sarà un nuovo (ed ennesimo) inizio. Che poi gli inizi sono (anzi, dovrebbero essere) gli stimoli che diamo a noi stessi tutti i giorni, senza attendere per forza un cambiamento. Senza volere che muti qualcosa. Cambiare tutto perché nulli cambi. 
Il conto alla rovescia è partito, il 22 è finalmente alle porte. E con lui le risposte alle tante, troppe domande su quello che ci piace chiamare destino. 
Ecco... Ci sarai Roma nel mio destino?

Piazza del Popolo dalla terrazza del Pincio, una foto scattata da me otto mesi dopo il post.


martedì 16 ottobre 2012

Non adesso

Questo tempo che sa di cose lasciate e mai ritrovate. Incompiute nella loro essenza e vuote nel loro divenire. Queste ore in attesa di una tempesta gelida e incontrastabile. Un abbozzo di pioggia autunnale che tenta di riempire i minuti che cadono sospesi nel finire di una giornata.
Ventiquattro ore possono essere tante ed interminabili. Come i giorni a venire che busseranno alle porte dell'anima. Se fossero coriandoli sarebbe bello vederli volare e cadere verso il basso, fino a coprire le ansie e seppellire i timori. Fino a rivestire di colori la terra su cui camminare, ridere, correre, sperare, danzare.
Se fossero le note di una canzone sarebbero una melodia che scava nel profondo per tirar fuori quello che c'è da tirare via.
Se fossero strada mi porterebbero dove saprei di voler essere.
Ogni cosa al suo posto, ogni cosa a suo tempo.


mercoledì 10 ottobre 2012

Quando cade la pioggia



Quando arriva la pioggia non puoi farci nulla. Puoi aspettare tra le mura di casa e guardarla scendere dai vetri di una finestra. O puoi decidere di scendere in strada e bagnarti.
Puoi scegliere sempre nella vita. Andare, restare. Tacere, parlare. Guardare avanti, voltarti indietro.
Quella sensazione della pioggia che ti gronda di dosso non la provo da un pò di tempo. A volte penso basterebbe avere un minimo di coraggio e chiudere a chiave le paure in una stanza. E poi nascondere quella chiave in un posto così remoto da non riuscire a trovarla più. 
Anzi, gettarla sarebbe una soluzione migliore.

giovedì 4 ottobre 2012

Parole in corsa


Che ore sono? Non voglio saperlo. 
Le ore in cui si aspetta non hanno la durata del tempo quotidiano. La loro misura non è quella di un pendolo che oscilla regolare, ma quella di un cuore che batte, a spasmi e inciampi.
Il tempo dell'attesa ti circonda, ti avvolge interminabile. E' come navigare in un mare di cui non si vede la fine.

Continua qui...

giovedì 9 agosto 2012

Col tempo imparerai



Quanto è difficile stare in equilibrio. Su una bicicletta. Sul ciglio di una strada. Sull'orlo di un litigio. Quali parole dire e quali no. Quante parole dirai di troppo e quante volte lo rifarai, prima di trovare quell'equilibrio.
Che ci sono domande a cui non si hanno risposte. La vita, la morte. Dove se ne va a dormire il sole. Dove le stelle continuano a brillare quando non le vedi.
A desiderare il silenzio, a volte. A non aver bisogno di parole né di parlare. A fuggire dal vociare, a schivare chi ami. A voler stare da sola.
Che è triste arrivare secondi. Che c'è sempre qualcuno più bravo, intelligente, astuto, amato, simpatico, carino...di te. Che le lacrime non servono né a cucire le ferite né da sfogo. Che una lacrima è una lacrima. Punto.
Che gli anni se ne vanno e con essi le persone a cui vuoi bene. E tante volte lo faranno senza avvisarti, senza darti spiegazioni, senza dirti "Ciao".
Che alcuni giorni sono semplicemente giorni. Che, se andrà bene, passeranno in fretta.
A fregartene degli altri, a volte anche degli amici. A non voler capire perché non sono più quelli di ieri.
A non guardare indietro. A non proiettarti con furia sul domani.
A volere l'estate, ad amare il mare. A mandar giù l'acqua salata, a sopportare il bruciore agli occhi e la sabbia sulla pelle. A tollerare quelle estati uguali agli inverni, e quel caldo appiccicaticcio di agosto.
A volerti bene, ad innamorarti. A desiderare una casa tua, magari con vista sul mare. Ad essere indipendente. Vorrai scappare da casa e disperatamente avere un lavoro.
A tornare. A casa, dai tuoi. A cercare quegli affetti veri. A chiedere scusa.
Ti sentirai cambiata e vedrai quel cambiamento intorno a te.
Ma ci vorrà tempo. E dal tempo imparerai.



lunedì 23 luglio 2012

Le cose che porti con te

Pensare che non volevo partire.
Le solite paure. Quell'ansia di non riuscire che si presenta ogni volta puntuale, come il rintocco di un orologio. Sempre alla stessa ora. Un insieme esplosivo pronto ad accendersi.
E invece sono andata avanti per vedere cosa mi riservava quell'esperienza tutta nuova. Ed ho trovato giorni incredibili, scanditi da ore faticose e meravigliose allo stesso tempo, trascorse con persone uniche di cui porto con me ricordi bellissimi. Sono state due settimane di risate, sorrisi, pianti. Di ginocchia sbucciate, bernoccoli, lividi. Di giochi, di schizzi d'acqua di mare, di tuffi proibiti in piscina. Di affetto, di abbracci, di storie d'amore fresche come l'estate e come l'adolescenza. Di amicizia vera. Quindici giorni in cui il tempo correva veloce, in un attimo la sveglia mi buttava giù dal letto ricordandomi che erano le 7 e nell'attimo dopo il mio orologio segnava la mezzanotte. Un tempo che molte volte avrei voluto fermare per trascorrerne ancora di più insieme a voi. Ma come accade nelle storie più belle, quelle che non vedi l'ora di raccontare per sentirle ancora vive, anche tutti quei momenti sono già parte di un ricordo. E questo è il mio modo di dire "Grazie" a chi mi ha reso felice e mi ha fatto sentire speciale (pur lasciandomi senza voce!). "Grazie" per ogni singolo attimo che porterò sempre con me.
Spero che quello di otto giorni fa sia stato solo un "arrivederci"... e di ritrovarvi, cresciuti e con tanto da raccontarmi.


lunedì 11 giugno 2012

"A" come avventura

E si parte. O almeno così sembra. Fino a quando non prenderò posto anche io, su quell'autobus con "22 ragazzi" (che all'arrivo diventeranno 115), non ci crederò che l'ho fatto. Non crederò che mi sono messa di nuovo in gioco. Dopo non so più quanto tempo.
Come sempre, come ogni volta che mi butto a capofitto in una situazione, spero di dare il massimo. E di riceverlo.
Come sempre sbaglio a fare tale riflessione, ad avere un'aspettativa immensa. Che spesso supera la realtà, le persone, i luoghi, i tempi, i momenti, gli attimi, i comportamenti, i silenzi. I minuti passati ad attendere.
Come sempre aspiro a cambiare, a mutare me stessa nel lasso di attesa che intercorre tra una cosa vecchia e una cosa nuova. Tra un prima e un dopo. E forse ci riesco, a cambiare, almeno un po' mi trasformo. Come un bruco che ci mette un po' di tempo, ma alla fine diventa una farfalla. E muove quelle piccole e leggere ali che hanno il sapore di libertà e di infinito.
Si parte. Così pare, e una nuova esperienza s'intravede all'orizzonte. Di una giornata che finisce come tutte le altre ma che ti ha regalato qualcosa in più.


martedì 5 giugno 2012

Nello specchio dei riflessi


...Negli ultimi vent'anni le parole sono state per me gli strumenti del mestiere. Nonostante questo, o forse proprio per questo, le parole non mi piacciono più di tanto. Mi ispirano diffidenza e mi irritano. Forse mi aspetto troppo da loro. Ma è anche possibile che sia vero il contrario, e cioè che attribuisco un potere eccessivo alle note, agli accordi, alle melodie e alle armonie. A volte, mentre sono immerso nella stesura di un romanzo e non riesco a dare senso a una scena, mi siedo al piano e mi metto a improvvisare, e il risultato, per quanto primitivo e imperfetto, mi sembra esprimere in modo più autentico le emozioni che cercavo di trasmettere. Non mi capita mai di trovarmi in una stanza dove c'è un pianoforte senza provare il desiderio di suonarlo. Per me la musica sarà sempre la porta che conduce a mondi immaginati e soprattutto all'universo dei ricordi. Se potesse trasportarci indietro nel tempo vorrei tornare alla stanza che dava sul giardino, nella casa dei miei genitori, per dire a quel ragazzino di otto anni di smetterla di guardare fuori dalla finestra e di tornare a esercitarsi al piano.


Tratto da "Questa notte mi ha aperto gli occhi", di Jonathan Coe

sabato 2 giugno 2012

Un paese che non vuole cambiare

Sfoglio la rassegna stampa delle ultime ore. Il Papa a Milano. L'Emilia tartassata di scosse (e di giornalisti a caccia dell'ultima intervista "strappalacrime"). La disoccupazione giovanile in vertiginosa salita. Napolitano, la sobria parata del 2 giugno e il popolo mediatico in subbuglio. 
La sensazione è quella di leggere una storia che si ripete.
Una storia di cui non siamo protagonisti. Noi in quanto cittadini sulla carta, ma non nell'essenza di uno STATO che decide senza porgere l'orecchio per ascoltare. Figli di una democrazia che abbiamo ereditato, perlomeno le generazioni più giovani. Una democrazia per cui non abbiamo lottato. Per cui non lottiamo neanche oggi.
Giorgio Gaber cantava "Io non mi sento italiano, ma per fortuna o purtroppo lo sono". Ci rivedo la chiave della mia generazione in quella seconda strofa. Non so se sentirmi privilegiata nell'essere figlia di Garibaldi e Mazzini. Dei partigiani. Delle donne che per me hanno voluto ed ottenuto le leggi sulla parità dei sessi. Oppure indignata di essere nata in un posto dove quelle leggi, e molte altre ancora, sono rimaste sulla carta, senza essere rispettate, ma calpestate troppe volte. Dove le case, le scuole, le strutture pubbliche, non sono a norma e cascano in un batter di ciglia, collassando in una nuvola di macerie. E dove bisogna dimostrare di essere solo in apparenza superiore rispetto a un altro, in una società borghese e consumistica.
Senza il coraggio di cambiare non si va da nessuna parte. Il coraggio di avere un tetto solido sulla testa, un cuore che batte per le passioni, un sogno all'orizzonte.


martedì 29 maggio 2012

Terremotati e terremoti

E l'Italia trema ancora.
Stamattina una scossa di magnitudo 5.8 ha portato distruzione e morte tra le città dell'Emilia Romagna. Come se non bastasse la crisi con annessi e connessi. Le paranoie, le ansie. Le vittime di queste stato di cose. La società in frantumi, la politica che perde pezzi. Un Paese in bilico. E ora la natura, che sembra quasi si ribelli a un dispotismo diffuso, e che sferza colpi finali.
Dopo l'Abruzzo l'Emilia Romagna. A rimetterci sono sempre i più deboli. Migliaia di persone nelle tendopoli, costrette a rinunciare a quello di cui non possiamo fare a meno nella quotidianità giornaliera. Oggetti che sono indispensabili o perlomeno crediamo lo siano. Oggetti che d'un tratto sono inutili dinanzi a simili tragedie. 
In mezzo a cumuli di macerie, prevaricano i sentimenti reali. La tristezza, lo sconforto, la paura. E ci sentiamo più soli, più di quanto succede nella corsa contro il tempo. Questo è il momento per fermarci. E per pensare che la vita va guardata da un'altra prospettiva.

lunedì 28 maggio 2012

La libertà violata

Si chiamava Kaur Balwinde, aveva 27 anni e si era trasferita in Italia dall'India. Mamma di un bimbo di cinque anni, ne aspettava un altro da tre mesi. Non si sono avute sue notizie per due settimane, fino a quando il suo corpo è stato ritrovato nel fiume Po. Un'ennesima tragedia familiare, forse annunciata, forse celata, per quel senso di vergogna che spesso si porta addosso senza che abbia ragione di esistere.
Kaur Balwinde è stata strangolata dal marito per motivi di gelosia, perché voleva vestire all'occidentale, così hanno scritto le testate giornalistiche. Ma i rapporti tra un uomo e una donna possono essere difficili, complicati, troppo spesso tenebrosi e violenti. Oggi il più delle volte le relazioni mettono in luce un sentimento di possesso macabro e malato. Che dei sentimenti puri non racchiude nemmeno la sfumatura più sottile. L'amore è un'altra cosa.
Kaur Balwinde è l'ennesima vittima di un modo di concepire la donna come un oggetto da manipolare, usare e poi buttare via, quando smette di obbedire a comandi ed esigenze maschiliste, che dovrebbero essere morte nella notte dei tempi, mentre invece continuano ad uccidere e torturare il corpo e l'anima di chi vuole solo essere libera. Come voleva esserlo Kaur.

domenica 27 maggio 2012

Vogliamo un mondo nuovo

"Il mondo nuovo" non è il titolo di un film, né di un libro. - Anzi lo è, in entrambi i casi! - "Il mondo nuovo" è la voglia di mettersi in gioco tramite la melodia che da secoli e secoli è capace di affascinare gli individui: la musica.
La musica è il più delle volte la chiave di tutto. La musica il più delle volte è l'essenza di un momento, di un giorno, di un'ora, di un istante, di un viaggio, di un sogno, di un'aspettativa, di un desiderio. La musica sa anche parlare di politica, di sociale, di vita, di storie.
E così Pierpaolo Capovilla e la sua band, il Teatro degli Orrori, ci regalano sedici tracce che parlano del nostro Paese, tra sconfitte, delusioni, partenze, addii e sentimenti. La rock band ci racconta come stiamo andando a fondo e come proviamo a risalire, in un vortice di emozioni cantate, suonate, urlate e vissute. Che poi è quello che conta: vivere.

mercoledì 23 maggio 2012

Ciao Melissa

I sogni di una ragazza sono stati infranti. In un fragore colossale sono esplosi, si sono frantumati senza possibilità alcuna di poterli ricomporre. Colpa di un ordigno malefico, progettato per distruggere, per uccidere, per privare della vita, delle speranze, della gioia, della curiosità. Dell'essere giovane, bella, innamorata, felice, triste, allegra. Dell'essere una futura donna che pensa al suo domani. A sedici anni la morte non compare nei pensieri, non è sinonimo di una forza violenta e brutale che ti annienta e ti porta via in un istante. A sedici anni vuoi vivere, dando e ricevendo il massimo. Melissa Bassi è l'ennesima vittima di un qualcosa che ancora non sappiamo definire. Un qualcosa che ha i tratti della furia, della pazzia, dell'odio. Un qualcosa che colpisce i deboli perché sono indifesi.
Nel ventesimo anniversario della morte di Giovanni Falcone, insieme a sua moglie e alla sua scorta, non è cambiato nulla. La mafia c'è e tesse le trame dei suoi giochi perversi. La mafia ed ogni altra forma di ingiustizia. Melissa Bassi è l'ennesima vittima dell'ingiustizia, dell'illegalità, della noncuranza dell'altro in quanto persona. 
E, in tutto questo, noi dove siamo? Con chi stiamo? Dove ci sediamo? Tutti i giorni bisognerebbe compiere piccoli passi, avendo nella testa grandi progetti per pulire questo lercio che ci circonda. Non dobbiamo abbassarci, ma credere nel presente, un dono da costruire, edificare, per stare beni con se' stessi e con gli altri. Bisogna ripartire dai valori, parola che non compare quasi più nella frenetica corsa dei nostri giorni. Perché sono proprio i valori che provano a toglierci. Con il cuore e con la testa, con il coraggio e con l'umiltà, ce li riprenderemo. Non riusciranno a privarcene, non ce la faranno a spegnere le candele della libertà.

giovedì 10 maggio 2012

La realtà è che c'è da fare

Policlinico di Napoli, caos, gente, attese, grandi padiglioni, distanze. Malattie, angoscia, voglia di vivere. Lavoro, fatica, diagnosi, cure, medicine, interventi. Dottori, studenti, tirocinanti, infermieri, pazienti, amici, genitori, parenti. Ho visto tutto, ho visto questo. Ho letto la speranza di chi sa che non c'è nulla da fare e di chi non ce la farà. Ho guardato la rassegnazione e mi ha fatto pensare. Ho sentito la paura come un brivido sulla pelle. Ho osservato le paure altrui.
La vita è un mistero, non so quante volte mi sono trovata dinanzi a questa frase. Sarà anche un mistero, ma è ancor più misterioso sapere come da queste parti si riesce ad andare avanti. Una malattia ti logora, ribalta gli equilibri di una famiglia, mette a durissima prova una stabilità costruita in un tempo indefinibile, abbatte chi non ha raggiunto ancora quella stabilità. E il disagio (forse termine troppo riduttivo) si amplifica quando hai intorno a te carenze strutturali e professionali che fatichi a immaginare se non ci sei dentro. La vera malattia si vede da dentro, il resto sono supposizioni, frasi, congetture. La vera malattia siamo anche noi, quando "ci stanno bene" il favore, la raccomandazione, il piacere... Chi più ne ha più ne metta. Il male del secolo è che non ci sta a cuore gridare che vogliamo una terra giusta, onesta, corretta. Che vogliamo diritti garantiti, serietà, trovare una mano tesa nei momenti più difficili. Che nei percorsi più bui vogliamo il diritto alla salute. Ed essere ascoltati.
Io una luce oggi l'ho vista. Era quella della passione per il proprio mestiere, che si porta avanti anche quando tutto intorno cade a pezzi (e non in senso metaforico). 

Storie da film, storie di vita


E' passato un pò di tempo da quando vidi al cinema Quasi amici, la pellicola francese, ispirata ad una storia realmente accaduta, che ha "sbancato" al botteghino. Un successo più che meritato.
Una storia di apparenti e manifeste diversità. I due protagonisti vivono un'esistenza agli antipodi: uno è ricco ma paraplegico, immobile su una tecnologica sedia a rotelle; l'altro è giovane, sano e robusto, ma tira a campare col sussidio di disoccupazione (NB: vedi cosa è il reddito minimo garantito in Francia...). Cosa unisce le loro vite? Il bisogno l'uno dell'altro. Philippe è rapito dall'irresistibile simpatia di Dris. Dris non bada alla malattia di Philippe. I due personaggi sono ironici, comici, teneri e semplicemente amici e complici. Imparano a volersi bene e ci mostrano un legame che spesso stentiamo a credere possa ancora esistere.
Quasi amici è un film che interpreta la vita come una partita in cui non è importante se si vince o si perde ma come si gioca. E' una storia non solo di amicizia e di valori importanti. E' la trama dell'esistenza che si snoda attraverso dolori e gioie, tra il sorriso e il pianto, tra la leggerezza e l'intensità dei giorni che passano veloci o lenti.
Le scene scorrono tra innumerevoli risate ed il cast è impeccabile. Una menzione speciale va anche alle musiche di Ludovico Einaudi. 
Un film da vedere... che, senza falsi moralismi, ci fa ricordare ciò che abbiamo e che il più delle volte poco apprezziamo...

mercoledì 9 maggio 2012

Continuare a sognare

Eccoci qui. Eccomi qui.
Non mi sento in vena di presentazioni. A parte comunicarvi che mi chiamo Chiara, non credo sia importante esporvi il mio curriculum vitae (ammesso che qualcuno si interessi del mio blog!). :)

Ciò che conta è perchè ho deciso di aprire una mia finestra sul mondo. Sono stufa e stanca dei tempi che mi corrono accanto, veloci e prepotenti. Sono annoiata dalla superficialità di manichini che camminano per strada, presuntuosi e arroganti, convinti di avere il mondo intero nel pugno della loro mano. I tempi non sono buoni. Lo dicono tutti, lo dicono in troppi. Come cambiarli?
Qualcosa è andato storto in passato, se le nuove generazioni, di cui faccio parte, non possono coltivare sogni, progetti, aspettative di vita. Io però continuo a farlo e mi auguro davvero, con tutta me stessa (e non è una frase di circostanza!) che anche voi lo facciate.

Vi saluto con un pezzo della colonna sonora di Magnifica presenza, l'ultimo film di Ferzan Ozpetek (che vi consiglio!), un viaggio nell'immaginario e nei sogni che ogni uomo rincorre nella sua triste quotidianietà.



martedì 1 maggio 2012

International Journalism Festival '12, diario di una volontaria

A Perugia si è rinnovato l’appuntamento con il Festival Internazionale del Giornalismo: dal 25 al 29 aprile la città umbra è stata teatro di questo grande evento che, giunto alla sua sesta edizione, ha portato all’attenzione del pubblico il mondo del web 2.0 con le sue molteplici sfaccettature e i suoi innumerevoli spunti di riflessione. Un tuffo in un mare di incontri, conferenze, laboratori, spettacoli teatrali con ospiti di rilievo, giornalisti, professori universitari, cantautori, registi, speaker radiofonici, blogger, scrittori, provenienti dal mondo intero. Tutti uniti dalla stessa passione per il mondo dell’informazione e della comunicazione. 

La sesta edizione del Festival Internazionale del Giornalismo ha superato di gran lunga tutte le aspettative con un boom di presenze ed un altissimo numero di visite e commenti online, soprattutto sui social network. Proprio dei social network si è discusso in più occasioni: a questi nuovi mezzi di comunicazione va il merito di aver cambiato e rivoluzionato il futuro dell’informazione negli ultimi anni, rendendola più trasparente, concreta e fluida. 

Per me è stato il primo anno tra i volontari: un’esperienza professionale unica nel suo genere. Il Festival del Giornalismo è immerso in un’atmosfera di freschezza, gioia e positività. Una settimana che scorre rapida, le giornate si dilatano e si restringono allo stesso tempo, ti senti parte di un tutto in cui hai la possibilità di imparare, crescere e relazionarti. Dietro il meraviglioso palcoscenico del Festival c’è il duro lavoro di mesi che vede impegnati Arianna Ciccone e il suo staff, persone che sostengono e amano questo progetto e s’impegnano per realizzarlo nel migliore dei modi.

Tanti sono stati i temi che il Festival del Giornalismo ha portato sotto gli occhi dei suoi spettatori. Dal precariato al futuro della carta stampata. Dall’importanza dell’informazione alle nuove tecnologie di comunicazione. Il giornalismo nel mondo del cinema e della musica. E ancora, incontri sulle donne e i media, tra diritti e volontà di farsi spazio in una società dove i posti di responsabilità sono il più delle volte occupati da uomini. 

Riflettori puntati anche sul ruolo che le organizzazioni umanitarie svolgono nel panorama nazionale ed internazionale: il Festival ha dato modo agli attivisti di Emergency, di Amnesty International, dell’Unicef, di raccontare il proprio operato comunicando l’importanza e la necessità di un aiuto e di un sostegno globale. In conclusione, l’esperienza de L’Isola dei cassintegrati raccontata dai creatori dell’omonimo blog, Michele Azzu e Marco Nurra.

(Caparezza ha indossato la loro t-shirt sul palco del concerto del 1° maggio, che gli era stata regalata proprio durante il Festival di Perugia!)