Si
pretendono sacrifici, tempo, volontà. Si richiede una passione illimitata
perché "il giornalismo lo puoi fare soltanto se sei disposto a rinunciare
a tutto il resto". A cominciare
dall'avere uno stipendio, aggiungo, perché quella frase l'ho ascoltata più
volte e mi ha lasciata basita quando a pronunciarla è stato un
direttore di un giornale. Un direttore che, però, cercava - e cerca - giornalisti a costo zero.
La mia vicenda è comune a quella di molti altri aspiranti giornalisti in Italia. Più voci recriminano la scelta di scrivere gratis per avere il tesserino da pubblicista. Giusto, ma io mi chiedo dove sia l'Ordine dei Giornalisti e perché permetta agli editori di continuare su questa strada.
La mia vicenda è comune a quella di molti altri aspiranti giornalisti in Italia. Più voci recriminano la scelta di scrivere gratis per avere il tesserino da pubblicista. Giusto, ma io mi chiedo dove sia l'Ordine dei Giornalisti e perché permetta agli editori di continuare su questa strada.
Come
se non bastasse, la matassa si ingarbuglia ancora di più con l'odierno accordo
Fieg-Fnsi sull'equo compenso: i sindacati della stampa hanno deciso che il
prezzo della professione di giornalista è 20 euro ad articolo. Dove
vanno a finire i sacrifici e il lavoro di 112 mila giornalisti iscritti
all'Albo? Senza contare quelli dei non iscritti che vengono quotidianamente
sfruttati. Dinanzi a loro quali aspettative ci sono?
Altro aspetto inquietante: il gioco del silenzio da parte di alcune grandi testate
giornalistiche, le più importanti a livello nazionale. Le stesse che dicono di
offrire un'informazione libera e indipendente non si esprimono su quanto accaduto. Non dovrebbero perché la libertà di stampa non può valere venti euro, e neanche la dignità di
un giornalista.
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